Goju Ryu Karate Do

 

 

 Cenni storici del Giappone

 

 

 Le origini del karate do

                                                                             

Tratto da
Storia del karate
di Tokitsu Kenji
Editore Luni 2005

Arrivato dal Giappone, il karate si è largamente diffuso nel mondo intero; esso associa modernità e tradizione. Alcuni lo considerano come uno sport di combattimento, altri come un’arte marziale. Si pratica a mani nude. Le sue tecniche principali sono i pugni, i calci e le parate.
Se, oggi, l’immagine del karate viene associata all’espressione della violenza, ciò non dipende soltanto da c0s’è il karate, ma anche dal bisogno di immagini-simbolo nelle quali la forza e la violenza vengano espresse a mani nude. Di fatto nella nostra società, nelle quali le forme determinanti di potere e di violenza vengono esercitate attraverso l’impiego delle armi, la violenza a mani nude, presente nella vita quotidiana, sfugge sempre, in parte, ai controlli sociali. La ricerca di forme lecite di espressione della violenza latente spiega in buona parte lo sviluppo del karate e di altre arti orientali di combattimento a mani nude. Così possiamo sentir dire:"Attenzione, faccio karate", o "State in guardia, pratica karate".
Il karate, nella sua tradizione, includeva certamente la ricerca dell’efficacia nel combattimento, ma anche l’etica di un modo di vivere. In confronto alle altre arti marziali giapponesi, il karate è un’arte giovane. In Giappone, le arti marziali erano fra le cosiddette "arti maggiori". L’arte della spada, per esempio, venne elaborata dai guerrieri giapponesi fin dal secolo IX e approfondita per due secoli e mezzo nel periodo feudale, che si è prolungato fino al 1867. Essa pervenne a un alto grado di perfezione nella sua forma, e i suoi adepti avevano raggiunto un livello che le condizioni di vita attuali non permettono più di ritrovare. Gli adepti contemporanei prendono la pratica antica come un modello compiuto che cercano di imitare.
Il karate, al contrario, è ancora in piena evoluzione. Ciò spiega le possibilità di adattamento che hanno facilitato la sua espansione mondiale e anche le divergenze che esistono tra gli stili di karate contemporanei.
Il karate è stato elaborato nel particolare ambiente della società tradizionale della piccola isola di Okinawa. All’inizio era un’arte esoterica, limitata a piccoli circoli di iniziati. La sua diffusione è legata all’industrializzazione e alla modernizzazione del Giappone. E’ nel corso degli venti che il karate è stato introdotto nelle isole principali del Giappone (Hondo). La sua evoluzione è stata allora influenzata dalle altre arti marziali tradizionali giapponesi molto più formalizzate - il budo - come la spada, il tiro con l’arco, il jujitsu, il judo. Più tardi, nel corso degli anni Sessanta, la diffusione del karate si è accresciuta, dapprima in Giappone, poi nel mondo intero. L’influenza dello sport occidentale si è allora combinata alle pratiche e alle concezioni tradizionali.
Il karate appare quindi al tempo stesso come una pratica di combattimento a mani nude efficace e come una forma e una cultura orientale resa facilmente accessibile agli Occidentali dalla sua storia recente.

Il karate è un’arte marziale a mani nude di origine giapponese. E’ un’arte del combattimento.
L’elaborazione delle tecniche ha perciò avuto come obiettivo principale la ricerca dei colpi più efficaci per l’attacco. Gli attacchi più utilizzati sono i colpi di pugno e di piede; a questi si aggiungono colpi portati a mano aperte in diverse posizioni, colpi di testa, di gomito, di ginocchio ecc... Tecniche di parata diversificate sono state elaborate in risposta a diversi tipi di attacco. Esse sono completate da tecniche di immobilizzazione e di proiezione e dall’utilizzo di diversi oggetti: bastoni e arnesi tradizionali degli agricoltori e dei pescatori.
Alla domanda: "Che cos’è il karate?", Kenei Mabuni, riprendendo il pensiero tradizionale su questo argomento, risponde nella sua opera Shito-ryu Karate-do: "Sommariamente, il karate-do deriva dall’arte del combattimento a mani nude trasmessa segretamente da gran tempo nell’isola di Okinawa. Si tratta di una sottile arte dell’autodifesa che permette di vincere il nemico per mezzo delle più svariate tecniche utilizzando le diverse parti del corpo in modo razionale ed efficace, ad esempio in colpi di pugno e di mano diretti o circolari, calci e anche proiezioni e immobilizzazioni...
"Ma il vero karate.do non è una semplice arte del combattimento. Il suo primo obiettivo è forgiare il corpo è lo spirito. In effetti quest’arte è stata praticata e approfondita storicamente con lo scopo di giungere alla dignità di un saggio. Gli adepti di karate-do devono riflettere sul senso di queste due massime: " L’arte del pugno è quella di un saggio" (kunshi-noken) e "Il karate non comincia con un attacco" (karate-ni-sente-nashi). Essi non devono mai dimenticarle".

Il karate è conosciuto soprattutto per le sue tecniche di pugno e di calcio, che sono quelle sviluppatesi nella pratica sportiva. A confronto con altre discipline di combattimento a mani nude, come il judo, il combattimento comincia a una certa distanza. Questa è maggiore che nella boxe inglese, a causa della portata dei colpi di piede. Si pratica generalmente a piedi e mani nudi, a differenza della boxe francese e americana, le quali utilizzano comunque anch’esse calci e pugni. Nel corso dell’allenamento di karate si pratica il combattimento controllando i colpi. Tuttavia, in certe scuole di karate, si portano i colpi a fondo, sia utilizzando delle protezioni sia vietando colpi al viso. La boxe americana è una disciplina recente, sviluppata in quest’ottica a partire dal karate. L’adozione del termine karate risale agli anni Trenta. Questo cambiamento di nome è rilevatore di una fase importante nella storia della disciplina. Corrisponde al passaggio da un’arte segreta, il cui nome, variabile, importava poco, all’affermazione di un’arte riconosciuta, il cui nome ne indica l’orientamento. La parola karate significa: "mano vuota" essa ha in sé un’indicazione tecnica e un’idea filosofica, poiché questo "vuoto" va inteso nell’accezione buddhistica del termine.
Ecco come si è formato il termine karate. In giapponese si scrive con ideogrammi, e il legame tra il carattere scritto e il suono non è cosiì diretto come nelle scritture fonetiche. Spesso esistono diverse pronunce per lo stesso ideogramma e lo stesso suono può corrispondere a più ideogrammi.
Il nome antico di karate era to de

la mano (de o te)


della Cina (to)

o più semplicemente te o de.

L’ideogramma to si pronuncia anche kara, e all’inizio del ventesimo secolo ha cominciato ad essere impiegata questa pronuncia:
kara-te

"la mano (te) della Cina (kara)".
Il termine te o de, letteralmente "mano", ha anche il significato di "arte" o "tecnica". L’uso della pronuncia kara in giapponese significa anche "vuoto", ma viene scritto con un altro ideogramma

Il cambiamento dell’ideogramma corrispondente al suono kara si spiega in due modi complementari: da una parte il termine kara, che significa "vuoto" nell’accezione del buddhismo zen, ha in giapponese una profondità maggiore, dall’altra il termine "mano cinese" non andava molto d’accordo con nazionalismo giapponese di inizio secolo. Questa nuova forma, kara-te, "mano vuota", si è diffusa nel corso degli anni Trenta, nel momento in cui i maestri di karate, arrivati dalla piccola isola di Okinawa, cercarono di inserire la loro arte nalla più vasta tradizione del budo (insieme delle arti marziali dei guerrieri giapponesi).

 

 

L'emergere del karate moderno

 

 

Il karate a Okinawa nel sec. XIX

 

 

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