Kumite

II kata e il kumite sono come due ruote di un carro. Attraverso i kata è possibile apprendere le tecniche offensive e difensive, ed i movimenti del corpo: in questa forma di pratica l'avversario esiste solo nell'immaginazione. Nel kumite, invece, un altro metodo di allenamento, due praticanti si fronteggiano ed applicano le tecniche. Di conseguenza, il kumite può essere considerato la dimostrazione pratica dei fondamentali appresi nel kata, cioè una forma di combattimento. Anticamente, ad Okinawa, l'allenamento del karate si basava quasi esclusivamente sui kata. Solo raramente la forza di un pugno o di una parata veniva misurata attraverso il cosiddetto kakedameshi. In seguito alla sua introduzione in Giappone, il karate divenne sempre più popolare tra i giovani e venne inevitabilmente influenzato dalle arti marziali giapponesi. Fu studiato e perfezionato il kumite fondamentale, che iniziò ad essere pra- ticato verso la fine degli anni venti, e inoltre si sviluppò il jiyu kumite (combattimento libero). Oggi, il kumite è praticato ovunque come mezzo d'allenamento. Poiché il kumite nacque soltanto dopo l'introduzione del karate in Giappone, esso costituisce per così dire una branca recente di quest'arte di autodifesa. Così, proprio allo stesso modo in cui i nostri antichi predecessori perfezionarono i kata, il karateka moderno deve portare il kumite allo stesso livello di perfezione. Vi sono tre tipi di kumite: il kumite fondamentale gohon -sambon ed ippon, il jiyu ippon kumite ed il jiyu kumite. (Il kumite fondamentale serve a sviluppare le tecniche fondamentali in funzione del livello di abilità dell'allievo. L'ippon kumite serve a studiare le tecniche offensive e difensive, ad allenare gli spostamenti e a comprendere il maai (distanza). Nel jiyu kumite non vi sono tecniche prestabilite: i partners possono utilizzare liberamente le loro capacità fisiche e mentali, ma i praticanti devono controllare i loro pugni, le percosse, i calci. Infatti è proibito nel modo più assoluto venire in contatto col bersaglio, e i colpi devono venire arrestati appena prima che giungano ai punti vitali dell'avversario. Un karateka ben allenato èin grado di fare ciò indipendentemente dalla forza con cui esegue la tecnica. II jiyu kumite ha un grande fascino, forse proprio perché viene fatto sul serio. II neofita, tuttavia, conoscendone soltanto gli aspetti più superficiali e venendone attratto, finisce per usare meccanicamente le braccia e le gambe, ed il kumite che ne può risultare assomiglia più facilmente a quello dei galli da combattimento, o tutt'al più alla rissa. Quando ciò avviene, è andata persa la caratteristica originaria del karate-do: distruggere l'avversario con un solo potente colpo. Inoltre, vengono violate le regole del karate-do. Senza aver compreso i concetti di maai, kuzushi, kake, tsu-kuri e di strategia, l'allievo non può praticare il jiyu kumite (infatti, c'e ancora molto da apprendere riguardo a questi argomenti, ed ogni sviluppo futuro del karate lungo queste direttrici è ancora tutto da prevedere). D'altra parte, egli non può nemmmeno cimentarsi nel jiyu kumite senza aver prima padroneggiato il kumite fondamentale e l'ippon kumite. II kumite non può sostituire i kata che costituiscono da sempre la pratica fondamentale più importante.

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